La cannabis viene spesso classificata come Sativa e Indica. Tuttavia, questa classificazione non è né chiara né realmente significativa.
Classificazione diffusa in Sativa e Indica
La classificazione abbastanza diffusa delle piante di cannabis nei due tipi Cannabis Sativa e Cannabis Indica si basa su molti criteri diversi.
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Un fattore è la natura fisica e botanica della pianta. Le piante Sativa sono fondamentalmente più grandi e snelle, mentre le piante Indica crescono più piccole e cespugliose. Le foglie di sativa sono anche più sottili e hanno “dita” più lunghe, mentre quelle di indica sono di colore più scuro e più larghe.
Le piante di sativa più grandi hanno anche un periodo di crescita e di fioritura più lungo.
La Sativa stimola, l’Indica calma?
Oltre a queste differenze botaniche, che sono state notevolmente attenuate da vari “ceppi ibridi”, cioè ibridi dei due tipi, la categorizzazione si basa principalmente su presunte differenze di effetto.
Si dice che i ceppi Sativa abbiano un effetto stimolante: il consumo fornisce una spinta energetica e favorisce la concentrazione. Le varietà Indica, invece, avrebbero un effetto calmante. Di conseguenza, la sativa è consigliata durante il giorno e l’indica di notte.
Tuttavia, questa categorizzazione si basa quasi esclusivamente sull’esperienza aneddotica e non si fonda su fatti scientifici.
La classificazione è irrilevante da un punto di vista legale: tutte le piante di cannabis sono varietà della pianta Cannabis Sativa L. [2]
Indica e Sativa nella scienza
Le differenze botaniche tra piante sativa e indica possono essere ben giustificate in linea di principio. Tuttavia, questa classificazione è (sempre più) inutile, in quanto pochissime piante possono essere chiaramente assegnate a un tipo. Alcuni botanici classificano la pianta in quattro tipi: cannabis sativa, cannabis indica, cannabis ruderalis e cannabis afghanica.[3] Alla fine, però, questo non è molto importante: se vuole coltivare la canapa, deve sapere come cresce la singola varietà e quali sono i suoi vantaggi - indipendentemente dal fatto che sia etichettata come sativa o indica.
La situazione è simile per quanto riguarda gli effetti presumibilmente diversi dei vari tipi. Non esistono studi che dimostrino le differenze di effetto o di contenuto di CBD e THC in misura rilevante. Un altro motivo per dire addio alla classificazione del tipo “sativa vs. indica”.
Dal punto di vista del consumatore, la distinzione del tipo è quindi piuttosto priva di significato, o addirittura fuorviante: le differenze nel contenuto di cannabinoidi (CBD, THC, CBG, …) e terpeni sono enormi da ceppo a ceppo, indipendentemente dal tipo.[4] Queste differenze chimiche nel contenuto di principi attivi sono anche quelle che influenzano effettivamente l’effetto. Pertanto, se è necessario, la classificazione in “chemiotipi” ha molto più senso: ci sono varietà che contengono principalmente THC, varietà con THC e CBD e varietà a forte contenuto di CBD.[5]
La discussione sul senso e l’assurdità della classificazione in Cannabis Sativa e Cannabis Indica assume molto rapidamente caratteristiche scientifiche che sono irrilevanti per i consumatori. È opportuno dire addio alla classificazione ampiamente utilizzata: La classificazione è poco chiara, a volte addirittura sbagliata, e tralascia informazioni importanti. Dal punto di vista del consumatore, è importante - soprattutto in campo medicinale - che venga compilato e comunicato un profilo completo di cannabinoidi e terpeni per ogni singola pianta. Solo in questo modo è possibile valutare in modo affidabile l’effetto in combinazione con l’esperienza e le valutazioni scientifiche.



